Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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I Trionfi de' Tarrochi di G. C. Croce

Lotto festevole, fatto in villa

 

Con il saggio qui presentato, unitamente all'articolo di Andrea Vitali su Giulio Cesare Croce,  si conclude la disamina sulle opere di questo autore in riferimento ai tarocchi e alle carte da gioco in generale.

di Giordano Berti

L'uso dei tarocchi come fonte d'ispirazione letteraria risale agl'inizi del Cinquecento. Si conoscono numerose opere di quel secolo in cui i Trionfi appaiono a vario titolo, talvolta riferendosi ai giochi di società che si svolgevano con queste carte, ma più spesso come pretesto poetico o anche satirico. In pratica, le 22 figure dei Trionfi venivano attribuite ad altrettanti personaggi e giustificate con rime "appropriate"; da qui la definizione "tarocchi appropriati" che viene data a questo genere di componimenti. In un capitolo della Storia dei Tarocchi curata dallo scrivente è riportata una consistente serie di opere di questo genere ma, come avvertiva l'Autore, c'è ancora molto da ricercare in questo ambito letterario e continuamente emergono nuovi documenti che vanno ad ampliare questo affascinante capitolo della plurisecolare avventura dei Tarocchi (1).


Tra i nuovi documenti emersi ne spicca uno interessantissimo, un libretto composto dallo scrittore bolognese Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persicelo 1550 - Bologna 1609) (2). Il titolo è, per esteso, LOTTO FESTEVOLE, FATTO IN VILLA, Fra una nobil schiera di Cavalieri & di Dame, / con i Trionfi de' Tarrochi, esplicati in / lode delle dette Dame, & altri bei / trattenimenti da spasso. Di Giulio Cesare dalla Croce./ In Bologna per Vittorio Benacci, 1602 / Con licenza de' Superiori. Si tratta di una serie di venti sonetti che rientrano a pieno titolo fra i Tarocchi appropriati. Il testo è preceduto da una dedica rivolta a uno dei protettori del poeta persicetano, il conte bolognese Rodolfo Campeggi (1565 - 1624), a sua volta scrittore, poeta e drammaturgo (3).


Già dal titolo si evince il fatto che l'opera va inserita nell'ambito dei Tarocchi dedicati alle donne, ai quali lo scrivente ha dedicato un consistente paragrafo della sua Storia dei Tarocchi. Come tante altre opere di questo genere, anche il Lotto Festevole ha un carattere elogiativo. L'obiettivo del Croce era, ovviamente, quello di rafforzare il rapporto d'amicizia con i membri dell'alta borghesia bolognese, i quali gli commissionavano non di rado componimenti letterari o poetici di vario genere, a puro scopo d'intrattenimento cortese. Tali componimenti, destinati a vincere la noia dei signori, per consuetudine venivano letti pubblicamente nel corso di riunioni festose. Il clima di tali feste, ben rappresentato da numerosi artisti barocchi, emerge anche nell'incisione che apre il Lotto Festevole. Sotto un pergolato, o bersò, si vede un gruppo di dame e cavalieri. A sinistra, in primo piano, un uomo suona il chitarrone, mentre sullo sfondo un cameriere porge da bere ai convitati. A destra, due donne osservano la carta da gioco che ciascuna tiene in mano, mentre sullo sfondo appare un cavaliere nell'atto di dare una carta a ciascuna delle dame sedute intorno al grande tavolo centrale. Sopra il tavolo un fanciullo è posto tra due vasi panciuti. Questa immagine corrisponde esattamente al "lotto" narrato dal Croce.


A questo punto vale la pena leggere il contenuto del libretto. Nel proemio, il Croce spiega che un giorno d'agosto "una illustre e nobile schiera di cavalieri e dame stavano raccolti sotto una nobilissima loggia in villa". Per sfuggire alla noia cominciarono a proporre vari giochi, ma nessuno era giudicato attraente. Alla fine uno dei cavalieri, il signor Alessandro, propose, "perché in villa si viene per dare spasso alle Donne", di prendere un mazzo di carte da Tarocchi e di toglierne tutti i Trionfi.


Disse il signor Alessandro: "Io tengo qui, appunto, tante ottave da me già composte sopra i detti Trionfi in lode delle Dame". La frase potrebbe far pensare che le rime fossero state effettivamente composte dal signor Alessandro, ma è più probabile che egli abbia dettato al Croce le proprie idee e che sia stato il poeta a redigere la stesura definitiva: era pagato per questo (come i cosiddetti ghost writers dei nostri giorni) e in questi casi era ovvio che la paternità delle rime appartenesse al committente.


Ma torniamo al gioco. Il signor Alessandro propose di scrivere il nome di ogni dama su un foglietto e di mettere tutti i foglietti in un vaso. Dopodiché, un fanciullo avrebbe estratto dal vaso un foglietto per volta e nel contempo sarebbero stato distribuito un trionfo dei Tarocchi a ciascuna dama, "cominciando dall'Angelo, e seguitare per ordine fino all'ultimo". In questo modo, ad ogni dama sarebbe spettato un particolare sonetto, secondo il Trionfo che aveva ricevuto. Per rendere ancor più galante la festa, il signor Alessandro propose di mettere in un altro vaso "tanti scrittarini" (foglietti, n.d.c.) con voci beneficiate da pagarsi poi alla fiera prossima". In altre parole, si trattava di un regalo che ogni dama avrebbe ricevuto dal proprio cavaliere. Il sistema dell'estrazione a sorte rendeva tutti i partecipanti al gioco assolutamente inconsapevoli del dono che avrebbero fatto (i cavalieri) o ricevuto (le dame).


"Piacque a tutti sommamente la bella invenzione - sottolineava il Croce - onde scrissero in un tratto i nomi di tutte quelle Dame, le quali erano appunto tante quante carte de' Trionfi v'erano, e gli posero dentro un vaso, e nell'altro vaso tant'altre beneficiate". Come si vede, è sostanzialmente il meccanismo delle estrazioni del lotto, da cui deriva il titolo del libretto. Seguono i nomi delle dame presenti: venti in tutto. Poiché, com'è noto, i Trionfi dei Tarocchi sono ventidue, la differenza numerica impone una riflessione. Non è stata riscontrata fino ad oggi nessuna notizia che attesti l'uso di venti Trionfi invece di ventidue, né in ambito bolognese né altrove. Eppure il signor Alessandro aveva specificato "caviamone via tutti i Trionfi". Si può ipotizzare che a quell'epoca, gl'inizi del Seicento, a Bologna si usasse un mazzo di Tarocchi con venti Trionfi? Può essere, ma cerchiamo di indagare un poco.


Leggiamo i titoli dei sonetti e notiamo che i Trionfi mancanti sono la Papessa e il Papa. Strana lacuna, per due carte che portano rispettivamente i numeri 2 e 4. La loro eliminazione avrebbe imposto di riformulare la distribuzione delle carte per il gioco, e considerato il noto tradizionalismo dei giocatori appare improbabile che la modifica sia nata dall'estro di qualche "reinventore" di giochi. Fra l'altro, nei Tarocchi bolognesi risalenti agl'inizi del Cinquecento il Papa e la Papessa erano presenti, come si evince osservando il cosiddetto "Foglio Rothschild", conservato Louvre, e un foglio analogo conservato all'Ecole des Beaux Arts di Parigi (4).


Facciamo un piccolo balzo in avanti nel tempo e osserviamo il Gioco di carte con nuova forma di Tarocchini pubblicato nel 1669 dall'incisore bolognese Giuseppe Maria Mitelli (1634-1718). In questo caso mancano la Papessa e l'Imperatrice, ma sono sostituite da un Papa e un Imperatore, cosicché i Trionfi annoveravano due Papi e due Imperatori, ma sono comunque ventidue (5). Un altro balzo in avanti al 1725 per dare un'occhiata ad un mazzo sfortunato, Geografia intrecciata nel Gioco dei tarocchi, ideato dal canonico Luigi Montieri: in questo caso, al posto di Papi e Imperatori troviamo quattro Moretti; i Trionfi sono sempre ventidue. In precedenza, come spiegò Montieri nel libretto esplicativo del mazzo, i Tarocchi bolognesi avevano quattro Papi (6).


Da tutte queste osservazioni si può formulare la seguente ipotesi: in un'epoca imprecisata, ma probabilmente dopo il Concilio di Trento (iniziato nel 1545 e concluso nel 1563), che impose un controllo crescente della Chiesa cattolica su tutti gli aspetti della fede, fu tollerato sempre meno l'uso improprio di immagini legate in qualche modo alla sfera religiosa. A causa del nuovo corso ideologico derivò probabilmente, nei territori posti sotto il dominio papale, un atteggiamento più cauto dei fabbricanti di Tarocchi, che pur senza obbedire a imposizioni dettate dall'alto ritennero conveniente autocensurarsi, eliminando dal mazzo il Papa e la Papessa. In effetti, la presenza di queste figure in un gioco da osteria poteva apparire disdicevole, specialmente a causa della consuetudine dei giocatori a bestemmiare o a trarre pretesto dalle carte per esprimere considerazioni volgari sui potenti, nobili o ecclesiastici che fossero.


Ma torniamo al Lotto Festevole di Giulio Cesare Croce. Prima di cominciare il gioco, furono messi in ordine i venti Trionfi, uno dopo l'altro: "Angelo (cioè Giudizio, n.d.c.), Mondo, Sole, Luna, Stella, Saetta (cioè Torre, n.d.c.), Diavolo, Morte, Traditore (cioè Appeso, n.d.c.), Vecchio (cioè Eremita, n.d.c.), Ruota, Carro, Fortezza, Giustizia, Temperanza, Amore, Imperatore, Barattino, Matto" (7). Quando tutto fu in ordine, fu incaricato uno dei cavalieri, il signor Flaminio, di distribuire uno dei Trionfi di mano in mano. Poi il fanciullo seduto sul tavolo estrasse il nome della prima dama, la signora Isabella, al quale fu associata la carta più alta, l'Angelo. Un foglietto dopo l'altro, tutti i nomi delle dame furono abbinati ad un Trionfo.


Di volta in volta venne letto, si presume dal signor Alessandro, il sonetto composto per ciascun Trionfo, e dopo ogni lettura gli astanti lodavano le belle parole che parevano adattarsi molto bene alla personalità, al carattere e all'aspetto di ciascuna dama. E piacquero altrettanto, alle dame, i doni previsti per ognuna di loro in seguito all'estrazione degli "scrittarini": profumi, guanti, calze, scatole di fiori, scarpe ricamate e così via.


Ecco alcuni sonetti:


ANGELO


Felice scorta e dolce apportatrice
di gaudio, di piacer e di dolcezza
è questa immortal Diva, a cui non lice
altra gionger al par di sua vaghezza.
Porta ne l'arma sua lieta e felice,
L'Angel, cui segue in gratia e in bellezza
E co i vanni d'honor tant'alto ascende,
ch'al Sol s'appressa, e al suo bel lume splende.


IL MONDO


Segue in presenza nobile e gentile,
adorna e cinta di celeste luce
costei, qual sembra un bel fiorito aprile
ch'ogni gratia, ogni ben seco n'adduce.
Tien per impresa il Mondo, e in altro stile
Mostra che come il mondo a noi produce
Ogni sostanza, tal da lei deriva
Un'immensa bontà, ch'ogn'alma avviva.


SOLE


Si come Febo a questa sfera intorno
s'aggira, scalda e alluma l'Hemispero,
tal questa nobil Donna in atto adorno
alluma e scalda ogni mondan pensiero.
E'l Pianeta gentil che porta il giorno
tien per insegna, per mostrar il vero
di lui ritratto a tal, ch'ovunque gira
i lumi accende il cor di chi la mira.


SAETTA


In bel sembiante umilemente altiera
vien questa nobil Donna, e co' i divini
suoi lumi una gioconda Primavera
forma d'intorno e rose e gelsimini.
E per mostrar qual sia la forza intera
de' suoi belli occhi, a quai par che s'inchini
ciascun, per arma tien di Giove il foco,
ch'a cielo, a terra e mar si fa dar loco.


Il DIAVOLO


Stupissi il cielo e tutti gli elementi,
quando con faccia vaga e pellegrina
costei, fra le più rare ed eccellenti,
comparve a far de'cor dolce rapina.
Porta lo Spirto rio con occhi ardenti,
non per lui seguitar, né sua dottrina,
ma per mostrarci che nostra salute
è fuggir vitio e abbracciar virtute.


LA MORTE


Segue la bella e honorata schiera
questa Donna leggiadra, e ha scolpita
ne lo scudo la Morte horrenda e fiera,
non perché in lei sia crudeltà infinita,
ma per mostrar che l'alta sua maniera
strugge i cori e gli ancide e torna in vita.
E che per lei ne van mill'ombre smorte
sotto l'insegna di tormenti e morte.


Dopo la lettura dell'ultimo sonetto, relativo al Matto, si tenne un brindisi gioioso e il cameriere mise in tavola finocchi e frutta di stagione affinché la compagnia si rifocillasse. Così si concluse il lotto con i Trionfi dei Tarocchi. Poiché era molto caldo, cavalieri e dame andarono a spasso per i sentieri erbosi intorno alla villa, mentre il signor Flavio, imbracciando il chitarrone, cominciò a cantare qualche bella canzone. Dopo simili piacevolezze, essendosi fatta sera, tutti ritornarono alle loro case, ripromettendosi di incontrarsi nuovamente ogni anno al medesimo giorno per divertirsi in quello stesso modo (8).


Note


1 - Cfr. Giordano Berti, I Tarocchi in letteratura, in "Storia dei Tarocchi", Mondadori, Milano 2007.
Ultimamente il prof. Andrea Vitali, accanto ad alcune opere conosciute, ha evidenziato un' impressionante mole di documenti inerenti all'argomento spazianti dal XVI al XIX secolo. Si vedano al riguardo i titoli dei saggi, presenti nel sito, elencati in apertura del suo articolo I Tarocchi in Letteratura I.
2 - Giulio Cesare Croce nacque il "dì di carnevale" del 1550 a S. Giovanni in Persiceto e morì durante il carnevale a Bologna, il 12 gennaio 1609. Sono date che sembrano fatali, per un poeta che passò gran parte della sua vita in strada. In effetti, per la sua nascita plebea, Croce non entrò mai a pieno titolo nei circoli letterari ufficiali; tuttavia ebbe contatti con Giovan Battista Marino e altri importanti letterati dell'epoca. Fu definito "poeta campestre" poiché girò per le strade e le campagne di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Venezia e Firenze. La sua prima fonte d'ispirazione era la vita della gente comune, ma la sua "penna elegante" e il suo estro bizzarro gli procurarono anche committenze altolocate. Cantava le sue composizioni con linguaggio popolare, e poiché si accompagnava con un violino, fu soprannominato Giulio Cesare Della Lira. L'opera di Giulio Cesare Croce è poderosa. oltre 478 titoli, dei quali oggi restano solo 300 opuscoli a stampa e manoscritti. Il testo più famoso è Le sottilissime astutie di Bertoldo (1606) ristampato per secoli e trasposto in ben tre versioni cinematografiche, tutte intitolate Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno: 1936 (di Giorgio Simonelli), 1954 (di Mario Amendola) e 1984 (di Mario Monicelli). Cfr. Franco Bacchelli, Documenti sulla vita di Giulio Cesare Croce, in "Le stagioni di un cantimbanco. Vita quotidiana a Bologna nelle opere di Giulio Cesare Croce", Editrice Compositori, Bologna 2009.
3 - Cfr. Luisella Giachino, Aurea catena che le menti annoda. La poesia lirica di Rodolfo Campeggi, in "Giornale storico della letteratura italiana", Vol. 177, n. 579, 2000, pagg. 361-384.
4 - Cfr. Thierry Depaulis, Tarot, Jeu et Magie, catalogo della mostra alla Bibliothèque Nationale, Parigi 1984, cat. n. 23 e n. 24.
5 - Cfr. Giordano Berti, I Tarocchi del Mitelli, in "Le Carte di Corte. I Tarocchi. Gioco e Magia alla Corte degli Estensi", a cura di G. Berti e A. Vitali, catalogo della mostra al Castello Estense di Ferrara, Nuova Alfa, Bologna 1987, cat. n. 22.
6 - Cfr. Giordano Berti, L'incidente di Montieri, in "Storia dei Tarocchi", op. cit., pp. 59-60.
7 - Tralasciando l'assenza di Papa e Papessa, quello dettato dal Croce è l'ordine dei Trionfi dei Tarocchi bolognesi che è sopravvissuto fino ad oggi, salvo qualche inversione in un gruppo della prima decade, che oggi segue quest'ordine: Ruota, Forza, Giustizia, Temperanza, Carro, Amore.
8 - Del Lotto Festevole esistono, oltre alla prima stampa del 1602, altre due edizioni, una del 1620 e l'altra senza data, ma di poco posteriore al 1620. La versione integrale del Lotto Festevole si trova in Giulio Cesare Croce, L'eccellenza e Trionfo del Porco e altre opere in prosa, a cura di Monique Rouch, Pendragon, Bologna 2006, pp. 295-314. 

Sull'autore di questo saggio, componente dell'Associazione Le Tarot, si veda al link Giordano Berti.