Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Tarochi è diventato lo mio core

L'Ordine dei Trionfi in una Villanella del sec. XVI

 

Andrea Vitali, dicembre 2011

 

 

Il tema del cuore trafitto da dardi dell'amore è usuale nell'iconografia e nella letteratura medievale e rinascimentale. Ispirandosi al sonetto Un jour, l'aveugle Amour, Diane et ma maistresse di Philippe Desportes incluso nella sua Diane pubblicata nel 1575 e a una medesima composizione di Gaspar Gil Polo Probaron en el campo su destreza / Diana, Amor y la pastora mía contenuto in Diana Enamorada del 1564, John Lyly compose la canzone Cupid and My Campaspe Playd che inserì nella commedia  Campaspe (III, v.62-75) pubblicata nel 1584 dopo essere stata probabilmente rappresentata alla corte di Elisabetta nella stagione teatrale 1583-84 1.


Mentre nei sonetti del Desportes e di Gil Polo la disfida in campo di battaglia fra Amore, Diana e la bella pastorella Argia, consiste nel tirare frecce contro un bersaglio a forma di cuore, in Lyly il bersaglio scompare e la sfida non avviene più con le frecce bensì con le carte:


Cupid and my Campaspe playd
At cards for kisses, Cupid paid:
He stakes his Quiver, Bow and Arrows,
His mother's doves, and team of sparrows;
Loses them too; then down he throws
The coral of his lip, the rose
Growing on's cheek (but none knows how);
With these, the crystal of his brow,
And then the dimple of his chin:
All these did my Campaspe win.
At last he set her both his eyes,
She won, and Cupid blind did rise.
              O Love! has she done this to thee?
              What shall (alas!) become of me?


In una villanella inclusa nell'opera Corona / Delle Napolitane / A Tre Et A Quattro Voci, / Di diversi eccellentissimi / Musici / Nuovamente poste in luce (Venezia, 1570) di Mazzone Marc'Antonio, il campo deputato alla battaglia diviene il volto dell'amata (fronte, capelli, occhi, ciglia), che vediamo al termine trionfare.


Amor m'ha desfidat' alla battaglia
     La fronte di Madonna sarà il campo
     E temo e spero et ardo e non ho scampo.
I bei capelli d'or faran la corda,
     E li sguardi saette, e i cigli gl'archi,
     Gl'occhi lucenti archibugetti carchi.
Io porto per trombetta alti sospiri,
     Humiltà per impresa et ella altiera
     Ha l'arme nude e sdegna la bandiera.
Spuntando il Sol comincerem l'assalto
     Benché alla donna mia, leggiadra e audace
     Mi renderò gridando pace pace.


Se ci siamo dilungati in questo esame è per sottolineare l'esistenza di una serie di villanelle del sec. XVI dove ricorre il tema della sfida amorosa al gioco, come troviamo nella canzone del Lyly, alle quali lo stesso sembrerebbe essersi ispirato 2.


Il campo della battaglia amorosa diviene la tavola degli scacchi nelle villanelle Scachier è diventato lo mio core 3Tu giochi a scacco Amore:

 

Scachier è diventato lo mio core

 

Scachier è diventato lo mio core,
     E di nero, e di bianco, e nello gioco,
     La Dama, con il Re son fiamma e foco.
I Rocchi (1) sono i miei saldi pensieri,
     E le speranze mie son due delfini, (2)
     Che per traverso vanno li meschini.
Sdegno nel petto sono i due cavalli,
     Che per quartero (3) assaltano sto core,
     E le pedine son pianto e dolore.
Amor gioca con meco, e va cercando
     E non m'aiuta tua beltà divina,
     Di darmi scaccomatto di pedina (4).


(1) Rocchi =Torri
(2) delfini = alfieri
(3) quartero = senza sosta
(4) di pedina = con la pedina

 

Variante della medesima Villanella:

 

Schacchier' e deventato lo mio core,
    di torchin' e di bianch'e nello gioco,
    la Donna con il Re son fiamm'e foco.
Li Rocchi son li miei saldi pensieri
    e le speranze sono li Delfini
    che per traverso vanno noli meschini.
E li sospetti sono li Cavalli,
    che di quartieri faltano nel core,
    e le Pedine son piant'e dolore.
Amor gioca con me e va cercando
    se non mai unta tua belta divina,
    di darmi schacco matto di pedina. 

 

Tu giochi a scacco Amore


Tu giochi a scacco Amore,
     Per tormi a me li Rocchi del mio core;
     E cerchi in un sol tratto
     Vitorioso darmi un Scaccomatto.
Io spingo le Pedine,
     Delli mei pianti innanti a questo fine.
     Per far prigion la Damma
     Ch'alla battaglia ogn'hor seco mi chiama,
Ma trovo due Alfieri,
     Che ribattono indietro i miei pensieri,
     A tal che più non posso
     Con li cavalli miei giongerli adosso.
Tal che senza disegno,
     Se non m'agiuta il Re potente e degno,
     Il mio Campo anderà a sacco
     Et io morendo non dirò più Scacco.

 

Giungiamo infine alla villanella Tarochi è diventato lo mio core (Il mio cuore è divenuto un mazzo di Tarocchi, ma anche un tarocco, cioè pazzo) 4 in cui la schermaglia amorosa è raccontata attraverso le figure di un mazzo di Tarocchi. Il componimento, scritto da Giovanni Gabrieli detto Sivello, attore comico vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, merita grande attenzione sia per l'aspetto letterario che per l'ordine dei Trionfi di Tipo B che vede nel Mondo il Trionfo superiore, seguito dalla Giustizia e dall'Angelo 5. La posizione del Matto in apertura del componimento si deve ovviamente a esigenze di carattere letterario. Questo sonetto attesta ancora una volta 6 il significato della parola tarocco = sciocco, pazzo. Per comprendere appieno la villanella occorrerà compiere una comparazione con una sua variante sotto riportata, poiché l'autore (forse il curatore o l'editore, come a volte accadeva) ha accentato alcune e, probabilmente per motivi ritmici, oltre a non porre virgole laddove oggi si riterrebbero necessarie, fatto che tende a sviare una corretta lettura, comprensibile al contrario agli uomini del tempo in cui la villanella venne composta.

 

TArochi è diventato lo mio core

    Matto và per il mondo ai sorte fella

    Con giusta Angelo, Sole, Luna, e stella.

Errando fugge l’infiammata casa (1)

    Il Diavolo disprezza, è morte chiama

    Ch’apicato finir la vita brama.

Il gobbo (2) li fà luce acciò la Ruota

    Per forza lo conduca in man d’amore

    Che il char’ (3) solo trionfa à tutte l’hore.

La temperanza Papi (4) è bagatino

    Circondano d’intorno à sto mio core

    Si che Tarochi è fatto per tuo amore

 

(1)  l'infiammata casa = la Torre

(2) il gobbbo = l'Eremita

(3) il char' = il Carro

(4) Papi = Con il termine Papi venivano chiamati dai Bolognesi i quattro personaggi corrispondenti alla Papessa, al Papa, all'Imperatrice e all'Imperatore.

 

Nella seguente variante sorte fella deve essere interpretata come la Giustizia, poiché il termine giusta cioè Giustizia presente nella prima versione, è qui sostituita con gionto, ovvero 'unito a'.


Taroch è diventato lo mio core
     Mato va per il mondo, ahi sorte fella
     Con gionto Angelo, Sole, Luna, e Stella.
Errando fugge l'infiammata casa
     Il Diavolo disprezza, e morte chiama
     Ch'apicato finir la vita brama.
Il Gobbo gli fa luce acciò la Ruota
     Per forza lo conduce in man d'Amore
     Che il car solo trionfa a tutte l'hore.
La Temperanza, Papi, e Bagatino,
     Circondano d'intorno a stò mio core
     Si che Tarocchi è fatto per tuo amore 7.

 

Nella traduzione abbiamo comparato le due versioni, facendo seguire ai termini presenti nella prima villanella quelli della variante.

 

Il mio cuore è diventato un mazzo di tarocchi

(il termine Tarochi mazzo di tarocchi è sostituito da Taroch = matto)

Matto va per il mondo, ahimè sorte nefasta

(ai è sostituito da ahi)

assieme alla giustizia, all’Angelo, al Sole, alla Luna, e alla stella.

(con giusta è sostituito da con gionto ovvero “unito a”)

Errando rifugge (cioè evita) la casa infuocata

(casa infuocata = la Torre intesa quale Casa del Diavolo. Cioè non intende sottostare ai colpi infuocati del Diavolo)

dato che disprezza il Diavolo e invoca la morte

(nella prima versione la è accentata, sta per e, secondo un modo del tempo di scrivere talvolta le e)

poiché desidera terminare la sua grama (stentata, povera) vita impiccandosi.

Il Gobbo (l’Eremita) gli porta luce (per illuminarlo nelle sue scelte, perché non si uccida) affinché la Ruota

(liè è sostituito da gli)

con forza lo conduca nella mano dell’amore

(conduca è sostituito da conduce. In tal modo acciò perde il significato di "affinché" per assumere quello di “così che”)

poiché solo il Carro (da intendersi come slancio d’amore) trionfa ogni momento.

La temperanza, i Papi e il bagattino

(la è accentata della prima versione deve intendersi come e)

circondano tutto intorno il mio cuore

così che esso è fatto (è divenuto) un mazzo di Tarocchi per il tuo amore.


Termini adottati e loro Ordine. Dopo la / i termini presenti nella variante


Matto / Mato                          
Mondo
Giusta / sorte fella                (Giustizia)
Angelo
Sole
Luna
Stella
Infiammata casa                    (Torre)
Diavolo
Morte
Apicato                                    (Appeso)
Gobbo                                      (Eremita)
Ruota
Forza
Amore
Char' / Car                              (Carro)
Temperanza
Papi
Bagatino                                 (Bagatto)

 

Prima di proseguire con un ulteriore testo, vorremmo sottolineare l'importanza della villanella nel panorama Europeo. La canzone villanesca alla napoletana chiamata anche canzone alla napoletana, canzone villanesca, villotta alla napoletana, aria alla napoletana o semplicemente napoletana, si presenta come un componimento poetico-musicale di tipo villanesco, cioè popolare, di genere minore, secondo la comune, anche se di imprecisa denominazione, che veniva cantato con accompagnamento di strumenti. A Napoli "alli XXIII de Octobr. MDXXXVII" vennero stampate "novamente" da Giovanni da Colonia le Canzone Villanesche / Alla Napolitana, / Libro Primo / Tenor, opera considerata come atto di nascita di questa particolare forma poetico-musicale 8 destinata a dividersi il campo della musica da camera del XVI e XVII secolo col madrigale. Ambedue i generi raggiunsero ampia popolarità sia in Italia che all'estero tanto che fra gli anni 1588-1590, Federico Lindner, stampando a Norimberga la sua Gemma Musicalis Selectissimi Varii Stli Cantiones, aggiunse "Vulgo Italis Madrigali et Napolitane dicuntur" 9.


L'ultimo testo che riportiamo è quello della villanella Io viddi tre giocare alla primiera, dove una battaglia, questa volta non più amorosa, si svolge a suon di carte fra un asino, un grillo e un gatto:


Io viddi tre giocare alla primiera,
     Un Asino, un Grillo, con un Gatto;
     Ma l'Asino al fin restò disfatto.
Giocavano patacche come pera, (1)
     E facevan nel resto (2) al primo tratto; (3)
     Ma l'Asino al fin restò disfatto.
Dando le carte fece frusso (4) Grillo,
     Cinquantacinque poi fece lo Gatto;
     Ma l'Asino al fin restò disfatto.
Dando le carte fece frusso Grillo,
     All'hora l'Asinel gettò uno strillo,
     Guarda, che sorte (5) c'ha sto piccirillo.


(1) Giocavano patacche come pera
= si giocavano di tutto
(2) E facevan nel resto = facevano forti puntate
(3) al primo tratto = all'inizio di partita
(4) fece frusso = fece una successione di carte di alto valore
(5) sorte
= fortuna

Note


1.
 L'ipotesi della derivazione del sonetto del Lyly da quello del Desportes fu avanzata da R. W. Bond nell'articolo Lyly's Song in "Review of English Studies", VI, 1930, p. 296. A sua volta il menzionato componimento di Gil Polo fu considerato il modello ispiratore per quello del Desportes. Cfr. E. G. Mathews, Gil Polo, Desportes and Lyly's «Cupid and my Campaspe», in "Modern Language Notes", Dec. 1941, LVI, pp. 606-607.
2. Cfr. Maria V. Lorenzoni, La fonte della canzone "Cupid and My Campaspe" di John Lyly, in "Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Cà Foscari", Venezia, 1970, vol. IX, pp.168-169.

3. Questa villanella fu musicata da Stefano Felis. Esiste anche una precedente versione siciliana dal titolo Fu diventatu in iocu di scaccheri, Ricc. 2774, cc.72v-73r, mentre Cosimo Bottegari ne fece una versione per canto e liuto contenuta in Arie e Canzoni in musica di Cosimo Bottegari, Ms. C 311, 1574, Biblioteca Estense, Modena.

4. Villanelle Nuove composte dal Sivello, In Milano, per Grattadio Ferioli, 1594, s.n.p.

5. Sui diversi tipi di Ordini si veda L'Ordine dei Trionfi.

6. Si veda al riguardo Tarocco sta per Matto.

7. Bianca Maria Galanti, Le villanelle alla napolitana, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1954, p. 76.

8. Il rarissimo esemplare è oggi conservato presso la Herzogliche Biblioteck di Wolfenbüttel.
9. Cfr. Bianca Maria Galante, cit., Introduzione, p. X. 

 

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